Il dono migliore: recensione del racconto di Maria Cerminara

Racconto di Maria Cerminara: Il Dono Migliore

 

Per me è sempre  Natale, non esistono altre stagioni.

Starete considerando che, per quanto si possano amare le festività, le luci colorate e intermittenti, i pranzi abbondanti, deliziosi, condivisi con le persone amate, persino i regali, tutto prima o poi viene a noia.

Io non la penso affatto così e non mi dispiace trascorrere la maggior parte dell’anno nella penombra di uno sgabuzzino insieme ad altri oggetti dimenticati, se poi so che per più o meno quattro settimane avrò il privilegio di osservare la vita scorrere nei momenti che precedono e portano al Natale.

Tutti sembrano presi da una strana frenesia quando entrano nel negozio dove abito, in cerca di un regalo per una persona cara o per un conoscente con cui si devono sdebitare in qualche modo.

Non mi sono ancora presentato per bene, però magari ci starete arrivando mentre leggete la mia storia.

Trascorro il periodo delle festività su uno scaffale, accanto ad angioletti in ceramica, statuine del presepe, omini di pan di zenzero e orsacchiotti vestiti da Babbo Natale.

La gente si ferma davanti a me, poi, dopo avermi studiato per un po’, mi afferra e, stringendomi nel palmo della mano, mi scuote, facendomi sia il solletico che provocandomi un leggero capogiro.

Infine ritorna a osservarmi, estasiata, mentre i piccoli fiocchi candidi che contengo cadono uno a uno, in un’incantevole nevicata che colpisce la coppia di innamorati all’interno della mia cupola.

I due indossano abiti pesanti, le loro mani protette dai guanti sono intrecciate in una stretta perenne, mentre gli occhi sono rivolti al cielo, in attesa della prossima nevicata.

A questo punto starete dicendo: “Che storia noiosa e monotona! Raccontaci qualcosa di meglio.”

Bene, aspettate ancora un attimo, perché la porta del negozio si sta aprendo, ho sentito il campanello e qualcosa mi fa credere che tra poco qualcosa accadrà. Dopo sarete voi a giudicare se rimanere con me oppure no.

A varcare la soglia è stata una ragazza di circa vent’anni. Indossa un logoro cappotto che le va troppo grande, pende come una tenda sul suo corpo esile e minuto. Entra ogni giorno e si guarda intorno, con aria timida, sembra sempre che sia la prima volta per lei qui. Invece il proprietario del negozio, un uomo con il volto tondo e dei folti baffi grigi, la riconosce e la saluta come se fosse una sua vecchia amica, nonostante non si siano mai scambiati altre frasi che esulino dai soliti convenevoli.

La ragazza viene nella mia direzione e, quando è di fronte a me, si china leggermente, facendole sfuggire uno dei boccoli scuri davanti al viso. I suoi grandi e begli occhi scuri sono arrossati, come se avesse pianto.

Non sono abituato a vedere la tristezza, di solito tutti entrano nel negozio entusiasti, o al massimo di fretta, eppure capisco che lei la sta provando. Si sente sola e abbandonata.

Mi prende e mi scuote per un po’, poi il suo sorriso si allarga in maniera impercettibile, mentre osserva i miei finti fiocchi di neve precipitare.

Amo il mio posto d’onore sullo scaffale di questo negozio, da dove posso osservare ogni giorno situazioni diverse, sebbene l’ambientazione non cambi mai, eppure penso che, se può renderla felice, allora desidero che lei mi compri e mi porti via.

Tuttavia qualcosa mi dice che non se lo potrebbe permettere, perché tutte le volte che è entrata non ha mai acquistato nulla, nemmeno un singolo biglietto d’auguri, che sono l’articolo meno costoso. Mi chiedo se abbia anche lei delle persone care a cui fare dei regali oppure no.

Proprio mentre la ragazza mi sta contemplando con aria sognante, gli occhi semichiusi fintanto che viaggia con la fantasia verso mondi lontani e una vita migliore, nel negozio fa il suo ingresso qualcun altro.

Si tratta dello stesso ragazzo che arriva ogni giorno poco dopo di lei, a occhio i due sono coetanei. La prima volta in cui li ho visti ho pensato fossero una coppia di innamorati che si era data appuntamento, per via dell’elettricità palpabile tra di loro. Qualcosa di forte, che ho percepito altre volte, tra persone che facevano il loro ingresso nel negozio tenendosi per mano, o che non si staccavano quasi mai gli occhi di dosso per tutta la loro permanenza. Poi ho compreso che i due non si conoscono nemmeno, nonostante sia inequivocabile come lui cerchi in tutti i modi di farsi notare da lei.

Eppure quel cappotto costoso, di una fattura perfetta e fatto su misura, intimidisce lei, infagottata nel suo così liso, sformato e dall’aria vissuta.

Forse dovrebbe provare a parlarle, gli sguardi non bastano e i sorrisi sembrano solo gesti di cortesia, dettati dalle circostanze, nulla di più. Ci vuole ben altro per far sì che lei la smetta di sentirsi intimorita di fronte a quello sfoggio di ricchezza.

Sembra proprio che oggi lui abbia deciso di compiere la sua mossa perché, dopo essersi ravviato con fare nervoso i capelli biondo scuro, fa un paio di passi verso di lei, che mi tiene ancora tra le mani, e si schiarisce la voce, standole alle spalle.

La ragazza si spaventa, la sua bocca si spalanca un po’ in un silenzioso verso di stupore e allenta la presa, cosicché mi ritrovo a precipitare verso il pavimento in legno del negozio.

Temo il peggio, essendo fatto di vetro e ceramica sono molto delicato.

Forse non posso dire che vedo tutta la mia vita passarmi davanti, perché si tratta più che altro di un’esistenza, ma dal tragitto dalla mano della ragazza a terra mi sembra che il tempo si sia dilatato, permettendomi di osservare i volti sconvolti dei due giovani. Lei è inorridita, mentre lui ha l’aria dispiaciuta e delusa, perché la sua fantomatica prima mossa è finita nel peggiore dei modi.

Quando alla fine il tonfo arriva, non provo quello che mi aspettavo, non vedo i miei fiocchi bianchi spargersi sulla superficie scura del legno, né tantomeno centinaia di frammenti di vetro intorno a me. Sono intatto, non mi sono disintegrato.

La ragazza si china a raccogliermi e mi prende tra le sue mani, rivolgendomi un’occhiata preoccupata, che diventa poi indispettita quando si volta verso di lui, che la fissa con il volto contrito.

«Si è rotta?» chiede.

«No, ma si è scheggiata. Ora dovrò ripagarla al proprietario ed è anche una delle più care.» Non incolpa me per essere uno degli articoli più costosi, merito di una scritta impressa sulla mia base in ceramica, ma biasima lui, per aver agito in modo da provocare quello sfortunato incidente.

«Lascia che paghi io. Ti ho fatta spaventare, per quello hai allentato la presa.»

Lei pare pensarci un paio di secondi, poi è evidente che si rende conto di non avere abbastanza soldi, quindi acconsente alla sua richiesta.

Quando i due si avvicinano al bancone del negozio, il proprietario li guarda, sogghignando felice da sotto i folti baffi grigi. Mi distraggo un attimo perché sono intento a osservare il negozio da un’angolazione diversa, dato che mi trovo tra le mani del ragazzo, leggermente sudate. Secondo me è lei che gli fa quest’effetto.

Nel momento in cui il mio futuro proprietario sta per pagare, la ragazza sparisce fuori dalla porta di legno e, se non fosse per il campanello che trilla, nessuno se ne accorgerebbe.

Noto lo sguardo ancora più deluso negli occhi chiari del  ragazzo e l’uomo dietro il bancone lo rassicura dicendo: «Siamo sotto Natale e sono certo che si è trattato di un incidente, quindi ti vendo la palla a metà prezzo. Però devi promettermi che non te la lascerai scappare.»

Il registratore di cassa si apre, il mio vecchio proprietario mette via i soldi. Faccio in tempo a dargli un’ultima occhiata, prima che io venga avvolto in una carta color crema e poi posizionato dentro una scatola. Almeno, credo sia così perché gliel’ho visto fare con altri articoli, dato che al momento mi ritrovo completamente al buio e non posso esserne certo.

Avverto dei movimenti e capisco che qualcuno mi sta trasportando fuori dal negozio, sento un rumore di passi, ma suonano in maniera diversa da quando le suole delle scarpe battono sul parquet. Mi chiedo se il ragazzo in questo momento stia camminando sulla neve, quella vera. Vorrei tanto avere la facoltà di vedere l’ambiente che mi circonda in questo momento.

Almeno riesco a sentire, anche se è tutto ovattato.

«Perché mi stai seguendo?» la voce della ragazza suona tremante, stupita e al tempo stesso indispettita.

Secondo me in fondo le fa piacere che lui l’abbia seguita, anche se c’è sempre l’ostacolo provocato da quel cappotto elegante e costoso. Troppo lontano dal mondo che lei ha sempre conosciuto.

«Per darti questo, voglio regalartelo.»

«Tu lo vuoi! Se io non desiderassi riceverlo? Voi siete sempre abituati a ottenere quello che volete, non è vero?»

«Cosa?»

«Non fare finta di non capire. Tu, che te ne vai in giro tutto tronfio nei tuoi abiti costosi, pretendi di sapere quello che una ragazza con indosso quattro stracci desidera.»

«Ti ho vista tutti i giorni, nelle ultime settimane, andare al negozio a osservare proprio questa palla con la neve e ho dedotto che ti piacesse davvero tanto, dato che non guardavi nessun altro articolo. Se posso dirlo, ce n’erano di molto più belli.»

«Trovo che sia speciale.»

Lui prorompe in una risatina trionfante, mentre lei emette un verso di disappunto, poi sento dei passi allontanarsi.

«Sei solo un presuntuoso pieno di sé!» esclama, mentre se ne va, la sua voce che si fa sempre più distante.

Lui non si dà per vinto e probabilmente continua a seguirla, infatti vengo sballottato di qua e di là, man mano che accelera il passo.

«Hai ammesso che è speciale, quindi perché non vuoi accettarla?» Mentre parla sento che mi sfiora e mi libera dal mio involucro di carta. Intorno a noi tutto è bianco, come all’interno della mia cupola, ma i fiocchi di neve che cadono lenti dal cielo sono reali: sento il loro tocco gelato quando si posano sul vetro e vi si infrangono, per poi trasformarsi in goccioline che scivolano via.

«Perché sei stato tu a pagare. Tu, che credi di poter avere tutto sganciando i soldi che non fai nemmeno la fatica di guadagnarti.» Gli occhi scuri della ragazza sono leggermente socchiusi, ma non più timorosi di posarsi sul ragazzo dal bel cappotto. Lei crede di avere ragione e ciò la fa sentire sicura di sé. Ha un carattere forte e, nonostante si sia trovata spesso di fronte alle difficoltà, non si lascia sottomettere.

«Che ne sai tu della mia vita?» Lui non intende cedere, perdendo la pazienza e lasciandola andare. Non l’ha osservata in silenzio per tutte quelle settimane per poi vederla svanire dalla sua esistenza.

In realtà il regalo di Natale di cui hanno bisogno entrambi è un po’ d’affetto e compagnia.

«So tutto. Basta guardare quel tuo bel cappotto, quei mocassini dall’aria ricercata e costosa. Non sono certo delle scarpe di tela da quattro soldi.» La ragazza abbassa lo sguardo sulle sue calzature leggere, sformate e totalmente inadatte a un clima invernale. Infatti sono fradice e sicuramente la neve è penetrata all’interno.

«Se ti può far cambiare idea, convincerti ad accettare il mio regalo, me li posso anche togliere adesso, qui, in mezzo alla strada.»

«Congeleresti. Un tipo come te non è abituato a questa temperatura senza essere avvolto in strati e strati di tessuti e lana costosi.»

«Ti ho già detto che non mi conosci e non puoi giudicare.»

«Allora fallo, togliti pure quel paio di scarpe e quel cappotto! Tanto sono certa che a casa ne avrai a decine uguali, anzi, persino più belli e preziosi.» Lo sta sfidando e, mentre parla, fa un passo nella sua direzione.

Il ragazzo mi appoggia su un muretto, si slaccia il cappotto, rivelando di indossare solo una maglia leggera e dall’aria usurata, sopra dei pantaloni che, ora che non sono più coperti, rivelano un buco all’altezza di una coscia. Gli abiti del ragazzo sono forse ancora più logori di quelli di lei, che lo guarda con gli occhi e la bocca spalancata.

Alcune persone si fermano a osservare la scena, incuriosite e sbalordite. Staranno pensando che quello straccione è proprio un pazzo a rimanere così, quasi svestito in mezzo a una nevicata.

«Ci sei rimasta male? Pensavi che sotto questo cappotto indossassi un maglione di una lana pregiata?»

Le porge il cappotto e la invita: «Indossalo, ti terrà al caldo.»

Lei lo afferra, non osando ribattere e se lo drappeggia sulle spalle.

Poi lui si china per togliersi le scarpe.

«Cosa hai intenzione di fare ora?» lo interrompe lei, alzando la voce. I passanti sono sempre più incuriositi dalla scena, mentre i due sono così intenti nella loro conversazione che non si accorgono degli occhi che li osservano e li giudicano.

«Tolgo i mocassini, come ho detto. Non credo che quelle tue scarpe ti tengano ben al caldo i piedi, correggimi se sbaglio.»

Le porge anche le sue calzature, nonostante siano di qualche misura più grande. Ora è in mezzo alla neve, con delle calze sdrucite, dei pantaloni bucati e una maglietta leggera.

«Non ho altro nel mio armadio. Sono mesi che ho perso tutto. Una volta appartenevo alla categoria di persone che disprezzi tanto, anche se i soldi me li ero guadagnati con tanto impegno. Non mi è mai piaciuto vivere alle spalle degli altri. Ora, non ho più nulla da perdere. Quando ti ho vista per caso, fuori dal negozio, qualche settimana fa, ho sorriso per la prima volta. Non so bene il perché, ma mi sono sentito subito attratto da te e ho dovuto seguirti. Quel che mi rimane è davvero poco, eppure ci tengo davvero a regalarti questa palla di neve, perché so che ti piace tanto e che ti farà sorridere, rendendoti ancora più bella.»

Le guance di lei si imporporano e abbassa lo sguardo.

«Non voglio metterti a disagio, quindi io la lascio qui e me ne vado. Spero che domani, mentre festeggerai il Natale, l’agiterai, guarderai i piccoli fiocchi di neve cadere e penserai almeno un po’ a me. Al pazzo che ha fatto una scenata in mezzo alla strada, solo per essere sicuro che tu accettassi il suo regalo. Tanti auguri.»

Il ragazzo conclude il suo breve discorso con un sorriso a metà, poi le volta le spalle e s’incammina, mentre la gente lo scruta come se fosse completamente ammattito.

Lei mi guarda per un istante, indecisa su quale mossa compiere, poi afferra i mocassini che lui ha lasciato a terra e lo raggiunge. Con la mano libera gli afferra un braccio.

Lui si volta verso di lei e nei suoi occhi azzurri si accende la speranza.

«Rimettiti le scarpe o ti ammalerai, senza il tuo cappotto.»

Dopo che lui si è infilato i mocassini, lei lo prende per mano. «Portami con te, voglio controllare che il tuo armadio sia effettivamente vuoto.» Gli rivolge un sorriso carico di significato, simbolo di un nuovo inizio.

«Dimentichi una cosa» mormora lui, scostandole con un gesto delicato quel boccolo scuro capriccioso che continua a ricaderle davanti al viso.

Lei scoppia a ridere felice, poi entrambi tornano al muretto dove sono stato posato.

«Questo è il regalo più bello che io abbia mai ricevuto» esclama lei, afferrandomi e rivolgendogli un sorriso luminoso.

Lui non risponde nulla, ma la riprende per mano. Sono certo che sta pensando che il volto allegro di lei, la prospettiva di trascorrere il Natale insieme, sia il dono migliore.

 

 

Recensione dello staff:

Un racconto che scorre leggero, che ti porta alla fine senza alcuna difficoltà. Il soggetto narrante è bizzarro e originale. Lo stile dell’autrice, il lessico scelto e la qualità espositiva ci hanno fatto spesso pensare che una composizione di questo tipo potesse tranquillamente fare al caso di tutti, anche di bambini. Infatti, durante la lettura, abbiamo pensato di frequente che potesse avvicinarsi a una bella favola, o una storia per i più piccoli. Nello scorrere tra le righe si percepisce quella magia tipica del Natale, quella speranza e quella gioia che una festività di questo tipo porta spesso nei cuori di molti. Dunque, la tematica è stata rispettata in pieno. Concludiamo con i nostri ringraziamenti per la partecipazione al concorso e auguriamo una buona scrittura!