Anna Pulinaro: concorso di scrittura creativa

Concorso di scrittura creativa: racconto di Anna Pulinaro

Qui di seguito potrete leggere il racconto ideato dalla scrittrice Anna Pulinaro, partecipante al concorso di scrittura creativa indetto da noi.

Il racconto è stato riportato così come ci è stato inviato, senza alcuna variazione.

Al termine dell’articolo, subito dopo il racconto, vi è la recensione dello staff.

Incipit fornito dallo staff:

“Tic. Tic. Tic.”

Sembrerebbero goccioline d’acqua. Piove. Un’amara meraviglia pervade e mi accende l’animo. Mi chiedo come faccio a riconoscere questo rumore, persino a dargli un nome. Un momento, mi serve un momento per pensare. Una goccia tiepida mi cade sulla fronte; non riesco ad aprire gli occhi, le mie palpebre sembrano incollate. Sento il mio corpo: c’è, ma non riesco a muovermi. Sono come paralizzato.

Non recepisco alcun dolore, non è quella la sensazione che ho in circolo. Tento di far spazio nella mia mente, alla ricerca di ricordi. È tutto così buio.

Provo a muovere la bocca, con rabbia ascolto quelli che sembrano essere solo suoni confusi e privi di significato. La mia capacità di parlare non è al passo con i miei pensieri. Un’altra goccia mi cade sul viso, d’istinto mi sforzo di aprire gli occhi.

“Aaaaah!” Emetto un rantolo di dolore, ho commesso uno sbaglio. Aprire le palpebre in quel modo è stato come permettere a fiamme ardenti di penetrare nel mio sguardo. Il dolore sembra aver risvegliato i miei muscoli, così le mie mani raggiungono il mio viso e lo stropicciano tastandone la consistenza: tento di riportarmi alla realtà. Cerco di abituarmi pian piano al fascio di luce che entra dalla finestra. Mi guardo intorno, non capisco dove sono.

Inspiro. Un fetido odore mi invade i polmoni. Ho caldo. Troppo caldo, il sudore mi cola dalla fronte come una cascata. Guardo fuori, il sole sembra sfociare in un pallido tramonto. Solo quando la parete alla mia destra comincia a prendere fuoco, mi accorgo che quel posto sta bruciando.

Sento un peso sul petto, fatico a respirare. Ma non è unicamente colpa dell’ossigeno che comincia a mancare, ho qualcosa sul torace. È un oggetto rettangolare, morbido, rivestito di pelle. Un libro, un diario, qualcosa del genere. Raccolgo ogni briciolo di forza che sento di avere e provo ad alzarmi.

Mi trascino verso la porta, procedo a tentoni per trovare una via d’uscita. La mia vista è ancora annebbiata. Sbatto contro le pareti roventi, tengo stretto quel libro per non perderlo e tento di trovare una via d’uscita. Non riesco più a reggermi in piedi, respiro a fatica, parte del mio corpo sembra non rispondere ai miei comandi.

Mi butto sull’ultima porta che si apre mostrandomi un nuovo mondo. Sento i raggi del sole sfiorare la mia pelle. Accarezzo le cuciture di quel libro che custodisco preziosamente, tenendolo stretto. Inspiro un’ultima boccata d’aria fresca prima di chiudere gli occhi e riposare, anche solo per un istante.

 

Racconto scritto dall’autrice Anna Pulinaro: 

Ma il mio momento di libertà dura giusto un attimo, un rumore desta la mia attenzione, mi giro frenetico per capire da dove proviene, vedo solo desolazione, mi volto verso l’edificio da cui sono scappato e vedo che è in fiamme; rabbrividisco. Mi incammino lungo un sentiero di rovi dove faccio fatica a camminare a causa del dolore che avverto alla gamba visibilmente sanguinante, stringo i denti e arrivo alla sponda di un fiume. L’acqua è invitante ed ho tanta sete, ma ci penso su prima di avventarmi a bere perché sulla superficie vedo galleggiare pesci morti. <<Ma che diavolo è successo! >>esclamo perplesso, poi ancora un rumore, mi giro e vedo un ragazzino. Ha il viso pallido e mi guarda in un modo poco amichevole. <<Come ti chiami?>> Domando con la speranza che non sia ostile nei miei confronti, improvvisamente alza un dito verso il libro che ho in mano e dice qualcosa che non comprendo. 《Non ti capisco! 》 Gli dico a mia volta, ma dall’espressione che ha intuisco che nemmeno lui comprende. D’un tratto fa un passo verso me e indietreggio, sembra arrabbiato, alza ancora il dito verso il libro e ripete la frase di prima. Qualcosa mi dice di scappare, così mi volto e comincio a correre ma lui mi è subito alle costole. Devo resistere e portare il libro in salvo, ma il ragazzino sembra più veloce di me, cado ma mi rialzo subito, il cuore sembra scoppiarmi nel petto, ho il fiato corto ma per fortuna intravedo la fine del sentiero alberato, sono ad un passo dalla salvezza ma mi sento afferrare alle spalle. Mi strattona buttandomi a terra, mi giro ma del ragazzino non c’è più traccia. Inizio a girarmi concitato, mi trovo in mezzo ad una specie di bosco e ciò mi sembra irreale. <<Sam! >> Una voce straziante mi chiama, non posso crederci è Amber. Le corro incontro e ringrazio Dio che stia bene. << Cosa ci fai qui? Dove ti hanno portata?>> Domando incredulo stringendola a me. <<Non lo so, me li sono trovati in casa all’improvviso, mi hanno chiusa in un sottoscala… ero così spaventata, temevo mi avrebbero uccisa e continuavano a parlarmi in una lingua sconosciuta.>> È visibilmente sotto choc, ha un taglio su un sopracciglio e il viso sporco di terra. <<Maledetti!>> Sbotto furioso. << Non capisco chi sono quelle persone? E perché ci hanno rapiti?>> Le accarezzo il viso e mi maledico per averla messa in pericolo. <<Mi dispiace Amber, non pensavo fosse successo ma mi sono ritrovato in un gran casino!>> Non so che dirle e provo vergogna, <<Sam se non mi dici cosa sta succedendo non posso aiutarti!>> La guardo e ammiro il suo coraggio, non ho scelta le devo dire la verità. <<Un po’ di tempo fa… mi arrivò una email sul mio computer. Curioso la aprii; parlava di un lavoro redditizio presso una società di cui non avevo mai sentito parlare; la lessi con molto scrupolo. Il lavoro sembrava semplice, dovevo solo trasportare merce che mi sarebbe stata data a giorni stabiliti confermandomi il luogo e l’ora della consegna a tempo debito. In quel periodo avevo molti problemi economici; la malattia di Katy mi aveva prosciugato il conto in banca; era l’occasione per riprendermi.>> Amber sembra perplessa e preoccupata, ma ascolta con attenzione. <<Tu hai accettato?>> Domanda sempre più confusa. << Erano molti soldi, non ho avuto scelta!>> Sono seccato dal suo tono, lei non può capire come mi sono sentito ultimamente. <<E cosa è successo? Vuoi dirmi che tutto questo è successo a causa di questo lavoro?>> Mesto abbasso la testa e non altra scelta; riprendo a raccontare. << Ho cominciato le consegne senza interessarmi del contenuto dei miei pacchi, avevo bisogno di quei maledetti soldi, poi…un giorno accade qualcosa di strano. Un tizio che non avevo mai visto mi riceve al posto del mio solito interlocutore. Sembra straniero, ha l’aspetto di un soldato e non dice una parola, l’unica cosa che fa è darmi una busta con un indirizzo e poi mette un pacco abbastanza grande nel bagagliaio. Mi limito ad eseguire il compito senza domandare nulla, d’altronde faccio come mi è stato esplicitamente descritto nel contratto. Il luogo della consegna dista una cinquantina di chilometri, nei pressi di Rexville.>> <<Cosa!>> Mi interrompe improvvisamente Amber sconvolta. <<Ma stai parlando della città fantasma?>> Continua con l’aria di chi vuole darsela a gambe, annuisco e riprendo la mia storia. <<Anch’io ho avuto la tua stessa reazione, ma non avevo scelta così ho proseguito. Mi trovavo ad un miglio dall’arrivo; quando improvvisamente ho sentito dei lamenti provenire dal mio bagagliaio.>> E a questo punto mi fermo perché il solo fatto di ricordare quel momento, mi dà la nausea. <<Sam! Che cosa erano quei lamenti?>> chiede mia sorella con un tono tremante di chi già sa la risposta. <<All’inizio pensavo che mi fossi sbagliato, ero molto stanco e guidavo da ore, poi… ho sentito qualcuno tossire.>> Mi fermo per poter trovare il coraggio di continuare e dall’espressione di Amber avverto che non sarà facile per lei sentire il resto. <<Ormai non potevo più fingere di non aver sentito, sono…sceso dalla macchina e mi sono avvicinato al cofano. Mi sono guardato intorno; ero solo su una strada deserta così ho preso coraggio ed ho aperto.>> <<Oh mio Dio chi c’era?>> mormora Amber con le lacrime agli occhi. <<Una…ragazza. Era…legata ai polsi e ai piedi, avrà avuto sui vent’anni, carnagione chiara e capelli biondi, aveva un accento polacco.>> Mia sorella si copre la bocca sconvolta, poi si volta dandomi le spalle. <<Che… ci faceva lì dentro?>> Domanda con voce piatta. << Io… l’ho aiutata subito, ma era molto spaventata, parlava nella sua lingua ed io ho provato a spiegarle che non sapevo niente della merce che trasportavo, poi… d’un tratto ha cominciato a parlare nella mia lingua, o almeno ci provava. Credimi Amber io ero all’oscuro di ciò che dovevo consegnare.>> <<Sam!>> Grida improvvisamente, è arrabbiata e non la biasimo. <<Dimmi dove stavi portando quella povera ragazza!>> <<La merce… era destinata ad un gruppo di mercenari, e…>> <<Cosa!>> Urla ancora disperata, ma devo continuare, altrimenti rischiamo di restare bloccati qui e loro ci troveranno. << Organi. Loro smerciavano organi umani.>> A questo punto mia sorella si piega in due e dà di stomaco. Con questo ero caduto veramente in basso, avevo partecipato a delle spedizioni clandestine a mia insaputa, ma quello che più mi faceva male era sapere di aver trasportato organi umani. Il fato aveva voluto che io sentissi quella povera ragazza. < <E come diavolo sei finito qui! E perché mi hanno rapita!>> Grida ormai fuori controllo. <<Quella… ragazza mi ha indicato dove potevo trovare questo.>> Dico mostrandole il libro che stringo tra le mani. <Che diamine è!?>> Accarezzo il fronte del libro e glielo mostro. Non è altro che una mappa di tutti i miei spostamenti. Luoghi, orari, giorni e addirittura indirizzi dove io avevo fatto le consegne, ma il contenuto nasconde qualcosa di più sconcertante. Sfogliando le pagine avevo trovavo foto di persone; uomini, donne e… bambini. Tutti di nazionalità diverse, in ogni pagina c’era indicata la loro identità, dove abitavano, tutto questo già era abbastanza inquietante, ma niente era tanto sconvolgente quanto quello che avevo scoperto man mano che sfogliavo le pagine. Ogni persona veniva classificata con un numero, infondo alla pagina a caratteri grandi in rosso c’era scritto: DECEDUTI. In ogni cartella a loro dedicata, veniva indicato l’organo da espiantare e quale era l’ipotetico acquirente. Una vera mostruosità, e tutto per soldi. <<Oh mi Dio! Ma questa è roba che scotta!>> Bofonchia scioccata Amber. <<Lo so, ma è anche un modo per riprendermi la mia libertà. Grazie a quella ragazza ora posso salvare qualcuno, ma dobbiamo andarcene subito da qui!>> <<Non capisco. Non mi hai detto come sei finito qui, e perché io mi trovo coinvolta?>> Non ho tempo di spiegarle come sono capitato qui, mi limito a raccontarle che sono stato drogato e trasportato a mia insaputa in un sotterraneo dove sono riuscito a scappare, e quando ho ritrovato il libro sono svenuto. Al mio risveglio l’edificio era in fiamme. Lei purtroppo era l’esca che avrebbero dovuto usare contro di me. <<Cavolo Sam! Avresti potuto chiedermi di aiutarti, perché ti sei messo in questo casino.>> I suoi occhi mi fanno sentire un verme, avrei dovuto proteggerla e invece l’ho trascinata nei miei casini. Le prendo le mani e la stingo a me. <<Perdonami ti prego.>> Lei mi guarda con le lacrime agli occhi e mi fa un lieve sorriso. Ora finalmente sembra più serena, la convinco a lasciare questo posto e ci incamminiamo. In cielo sono comparse delle nuvole, dobbiamo sbrigarci, siamo in un posto che non conosco e non so da che parte andare. Ci inoltriamo in una fitta vegetazione, quando sento un rumore dietro di noi. Ci giriamo e notiamo che dietro di noi c’è solo una vasta boscaglia e il rumore percepito non era altro che un cervo. Riprendiamo la nostra fuga senza perdere ulteriore tempo, siamo quasi sfiniti quando arriviamo sulla sponda di una cascata. <<Questo non ci voleva!>> Esclamo con rabbia. Non abbiamo scelta, l’unico modo di mettere un po’ di distanza tra quei macellai, è saltare giù. Ma quando lo propongo a mia sorella le viene un attacco di panico. <<Non abbiamo scelta!>> Le urlo senza tener conto della sua paura nel saltare, mi giro intorno e mi attrezzo per poter legare il libro al mio corpo per non perderlo dopo il salto. Amber resta lì ferma a piangere e non fa che innervosirmi. <<Amber! Ti prego devi fidarti di me.>> E proprio mentre tento di destarla dalle sue paure, avvertiamo uno sparo. Ci hanno raggiunti, sono alle nostre spalle, non esito un minuto di più, afferro la mano di mia sorella e la trascino nel vuoto con me.

Il vento urla forte tra i rami degli alberi; sono grida di dolore e desolazione, ho freddo e sento il mio corpo indolenzito. I miei occhi sembrano incollati e aprirli mi costa uno sforzo enorme, un colpo di tosse mi sorprende e lascio uscire l’acqua che ostacola la mia gola. Sono fradicio e infreddolito, la corrente mi ha trascinato sulle sponde di un fiume, provo ad alzarmi ma ho tanto male alla gamba. <<Amber!>> La chiamo disperato, ma la mia voce si disperde nel vuoto; non c’è e temo sia annegata. Ispeziono il posto. Non c’è altro che vegetazione, ma in lontananza si intravede una città; devo raggiungerla. Mi alzo controllando il libro; è salvo, provo a setacciare la zona in cerca di mia sorella, i miei occhi si posano sull’altra sponda. E’ lei, riconosco i suoi abiti. << Amber!>> Cerco di correre verso di lei, è riversa con la faccia in acqua, mi avvicino con il fiato corto e la volto subito. E’ pallida, ha una ferita vistosa sulla testa ma respira ancora. Continuo a chiamarla, ma il suo respiro sembra affievolirsi, sono disperato e urlo come un pazzo finché finalmente apre gli occhi. <<Ehi… sta tranquilla, andrà tutto bene, ora ti solleverò così andremo via da qui.>> Ma sembra assente, i suoi bellissimi occhi azzurri sono dilatati, inizia a tremare e del sangue le cola dal naso. <<No ti prego! Non mi lasciare!>> Urlo in preda al panico, lei distoglie gli occhi da me indirizzandoli oltre la mia spalla, mi giro e mi sento investito da una granata.

Ancora quel rumore insopportabile, Tic… Tic… Tic… E’ acqua, non ho dubbi, stavolta sento i miei muscoli tesi come una corda pronta a spezzarsi, apro gli occhi e affioro una sedia vuota difronte a me. Sono legato e appeso al soffitto come un maiale. Comincio ad agitarmi, mi hanno catturato e portato in questo posto da brividi, sono al buio eccetto per una fioca lampadina che mi penzola in testa. Improvvisamente si accendono le luci, sono costretto a chiudere gli occhi abituati all’oscurità, poi sento il rumore di una porta che sbatte. Un tipo alto e muscoloso è entrato e mi guarda con un ghigno preoccupante, e a completare la mia scomoda situazione, vedo che serra un coltello nella sua mano destra. <<Dov’è mia sorella!>> Urlo; almeno ci provo, ho la gola secca. Il tipo continua a guardarmi ma non risponde, improvvisamente sulla mia destra sento un rumore di una serranda che si alza. Oh mio Dio Amber! Dietro ad un vetro vedo mia sorella legata come me, ha il capo chino. <<Amber!>> grido disperato, poi una risata diabolica desta la mia attenzione, mi giro verso il tipo muscoloso e noto che accanto a lui c’è qualcuno. Fa un passo avanti e la luce mi mostra il suo viso, è David il tizio che mi ha assunto per le consegne dei macabri pacchi. Si avvicina con ghigno trionfante seguito dal suo tirapiedi. <<Bene Samuel. Sei un tipo molto difficile da gestire, ma per mia fortuna io sono altrettanto deciso quando devo portare a termine un compito, ma le tue bravate mi hanno fatto perdere un mucchio di tempo, e come sai… il tempo è denaro.>> E’ ad un palmo dalla mia faccia con il suo impeccabile completo da centinaia di dollari, ed io vorrei schiacciarlo come uno scarafaggio. <<Cosa hai fatto a mia sorella!>> dico a denti stretti, lui sorride e si volta verso Amber. << Quella ragazza è adorabile, peccato che non potrà mai saperlo.>> Un brivido percorre la mia schiena, guardo Amber penzolare al soffitto e la paura mi assale. <<Che cosa le avete fatto bastardi!>> Provo a dimenarmi ma il tipo muscoloso si scaglia contro di me, i pugni che mi tira al viso mi stordiscono, comincio a sanguinare dal naso, poi si accanisce sul mio stomaco con ripetuti calci, sento le forze mancare, ma d’un tratto David lo ferma e parla in una lingua a me sconosciuta. Ankora aa aheyn. Si allontanano da me e si avvicinano al vetro dove c’è Amber, poi David sembra dargli qualche ordine, infatti esce dalla stanza lasciandoci soli e la luce dove si trova mia sorella si spegne. <<Samuel Samuel… vediamo di trovare una soluzione a tutti i guai che hai combinato. Dimmi dove hai nascosto la ragazza che era chiusa nel tuo bagagliaio.>> Un colpo di tosse mi sorprende e avverto un forte dolore al petto a causa dei colpi presi, lui si avvicina e mi solleva la testa tirandola per i capelli. <<Allora? Non ho tempo per i tuoi stupidi giochi.>> Continua con il suo tentativo di costringermi a parlare, ma non lo faccio anche perché non so che fine abbia fatto quella ragazza. Improvvisamente mi strappa la maglia e prende dalla tasca un accendino poi va verso un tavolo che prima non avevo notato e afferra un oggetto di ferro. Ora è di spalle e non riesco a vedere cosa fa, ma quando si gira e viene verso di me tutto mi è chiaro. Mi preparo al dolore che sentirò e chiudo gli occhi. <<AAAAH!>> Il ferro incandescente brucia la mia pelle rapidamente, mi devasta ma lui continua imperterrito la sua tortura, quando finalmente sembra fermarsi noto che mi ha marchiato con una stella a cinque punte. Ma certo come ho fatto a non capirlo sono adoratori del diavolo. <<Allora Sammy! Ne hai abbastanza? Vuoi dirmi dove diamine è quella ragazza?>> Ho il fiato corto e la pelle mi brucia da morire, devo trovare un modo per uscire da qui. <<Non so do… dove sia, parlava un’altra lingua e…>> Non riesco a terminare la frase perché lui mi colpisce allo stomaco. << Non dire stronzate! Come sei arrivato qui! Chi ti ha detto del libro!>> Mi stringe le mani al collo e sento che sto per soffocare. Nella mia mente affiora la mia vita; Katy, il mio grande amore. Quanta sofferenza ha dovuto subire ed io non sono stato in grado di salvarla, ed ora rischio di perdere anche Amber. David molla la presa e torna al suo fornello ancora acceso. <<E’… lei è scappata verso Sealy, mi ha detto dove potevo trovare il libro.>> La mia confessione sembra funzionare, David si blocca lasciando il ferro sul tavolo; ma torna da me più furioso di prima. Mi sferra un calcio sulla gamba dolorante e poi si dedica al mio viso ormai tumefatto. Quando sembra essere soddisfatto si ferma; prende il cellullare. Parla ancora in quella lingua sconosciuta e si riaccende la luce nella stanza dove tengono Amber. <<Vedi Samuel… la ragazza che tu hai liberato, doveva farmi fruttare tanti soldi. Ed io odio perdere denaro, ma grazie alla tua bellissima sorellina potrò concludere l’affare, quindi tutto sommato non è vero che i mali vengono per nuocere.>> Conclude la sua malefica sintesi ed io sono pietrificato quando vedo che il tipo muscoloso è nella stanza di mia sorella con un enorme coltello tra le mani. Urlo mi dispero, ma non riesco a salvarla, la lama scalfisce il suo bellissimo corpo due, tre volte e poi non riesco più a vedere perché vengo colpito alla testa. <<Papà!>> La voce del mio piccolo Deamon mi desta e smetto di scrivere. <<Che c’è tesoro?>> Dico sorridendogli, lui salta sulle mie ginocchia e mi dà un bacio. <<Cosa scrivi? Una storia di mostri?>> Chiede curioso e mi fa sorridere molto. <<Diciamo che in questa storia ci sono dei mostri, ma non sono come quelli che immagini tu.>> Il suo visino vispo mi scruta, poi curioso osserva il computer.<<Me la leggi papà?>> Sorrido grato e non posso che essere felice di far ascoltare il mio nuovo romanzo a mio figlio. <<Però devi promettermi che mi aiuterai a scegliere il titolo.>> Gli propongo, e lui per manifestarmi il suo entusiasmo comincia a saltellare in ogni dove

 

Recensione:

Lo stile dell’autrice è semplice. La lettura è scorrevole e, benché vi sia qualche errore e qualche mancanza dal punto di vista della punteggiatura, questa non viene intaccata più di tanto.

Vi sono alcune virgole mancanti e, soprattutto, in alcune frasi (maggiormente nei discorsi diretti) sono stati utilizzati dei punti esclamativi che, a parer nostro, andavano sostituiti da un punto interrogativo. Benché non siano da considerarsi veri e propri errori, ma più che altro limiti dovuti all’intonazione del periodo, consigliamo di prestare particolare attenzione a questo aspetto. Infatti, molto spesso, vi era la necessità di dare un’espressione interrogativa al testo.

Un altro appunto che facciamo all’autrice riguarda l’utilizzo delle segni che ha adoperato per delimitare i dialoghi. Nel racconto sono presenti i simboli di maggiore e minore: questi non andrebbero mai sostituiti all’utilizzo delle virgolette (caporali, alte o inglesi) o dei trattini lunghi.

Per concludere l’aspetto grammaticale/sintattico, riportiamo un paio di errori che abbiamo notato durante la lettura del testo: “Ogni persona veniva classificata con un numero, infondo alla pagina a caratteri grandi in rosso c’era scritto: DECEDUTI.“ – “…apro gli occhi e affioro una sedia vuota difronte a me.” (In fondo e di fronte).

La narrazione è piuttosto veloce e le vicende si intrecciano in maniera repentina. Benché sarebbe stato utile approfondire determinati aspetti, capiamo che l’esposizione fulminea è stata resa necessaria dal limite di parole imposto dal concorso.

Il finale ci ha sorprese molto: non ci aspettavamo che quelle vicende fossero parte di un libro che l’autore stava scrivendo in quel preciso istante. È stata di sicuro una chiusura a effetto.

Concludiamo ringraziando l’autrice per aver partecipato; rimaniamo come sempre a disposizione per qualsiasi dubbio o chiarimento.

Lo staff

Una risposta a “Anna Pulinaro: concorso di scrittura creativa”

  1. Vorrei partecipare al concorso. Il mio indirizzo e-mail è mariacscribacchina@gmail
    Il contatto fb è Maria Cerminara (scribacchina)

I commenti sono chiusi.